mercoledì 6 luglio 2011

LAVORO:PIÙ INCIDENTI IMMIGRATI, A BOLOGNA SI STUDIA PERCHÈ

Gli incidenti sul lavoro non calano
tra la popolazione immigrata. Anzi, mentre il totale delle morti
bianche scende per la prima volta sotto quota mille come ha
certificato l'Inail, gli incidenti tra i nuovi italiani sono in
aumento. Di questo paradosso (solo apparente) si è discusso nel
pomeriggio all'Università di Bologna in un incontro
multidisciplinare promosso da Fondazione Unipolis, Fondazione
Alma Mater e Legacoop Bologna e inserito all'interno della
rassegna Molteplicittà.
Il panorama del mondo del lavoro degli immigrati è una
realtà nella quale si intrecciano arcaiche dinamiche di
sfruttamento (come quelle degli stagionali irregolari nel
meridione) e «moderni» pregiudizi che favoriscono l'insorgere
di malattie psichiche correlate al fenomeno degli infortuni.
Delle condizioni lavorative in quel mondo sommerso che sono
gli ex latifondi di Campania, Calabria, Puglia e Sicilia ha
parlato Alvise Benelli di Medici Senza Frontiere. Nella sua
relazione è emerso un mondo fatto di patologie «che credevamo
scomparse» e in cui la sicurezza sul posto di lavoro è
l'ultima delle priorità: «Queste persone - ha detto Benelli -
lavorano spesso senza protezione, sotto il sole con giacconi
impermeabili e guanti da cucina che non lasciano traspirare la
pelle causando gravi malattie». A queste si aggiungono
condizioni di vita in cui «il 62% non ha accesso a servizi
igienici, il 92% non ha riscaldamento, il 69% non ha
elettricità. Condividono materassi passati di stagione in
stagione dopo essere stati recuperati dalle discariche e il 44%
beve l'acqua usata per l'irrigazione trattata con concimi e
antiparassiti».
Ma se questa è la terribili realtà del meridione, al nord a
colpire sono i pregiudizi. Domenico Berardi e Ilaria Tarricone
del Centro di Psichiatria Transculturale e della Migrazione G.
Devereux dell'Universit… di Bologna, hanno illustrato le
correlazioni tra il mondo del lavoro e le patologie mentali che
colpiscono le persone immigrate: «Esiste una correlazione - ha
detto Tarricone - tra il possibile insorgere di patologie
mentali e incidenti. Non è un caso. Nel progetto migratorio
che, in tutte le parti del mondo (dalle frontiere tra Messico e
Stati Uniti ai barconi che attraversano il mediterraneo) spinge
le persone a lasciare in maniera così rischiosa la loro terra,
il corpo ha un ruolo centrale: un incidente può rappresentare
in partenza la fine del progetto. Inoltre - ha concluso - i
pregiudizi negativi che spesso circondano gli stranieri
favoriscono l'insorgere di patologie persecutorie».
La soluzione? «Occorre innanziatutto migliorare la
comunicazione con questi lavoratori - ha detto Berardi -
cercando di capire anche le diverse percezioni del rischio. In
questo, possiamo sfruttare le competenze sviluppate e i percorsi
di comunicazione sviluppati per la cura dei disagi psichici».
(Da ANSA).